In Italia, una nuova legge vieta la “propaganda gender” nelle scuole. La maggioranza di Giorgia Meloni si fa dettare la linea da gruppi pro-vita e anti-LGBTQI di estrema destra. In un’intervista di Sarah Ulrich, il politologo Massimo Prearo ci spiega i retroscena

Politologo e professore presso l’Università di Verona, Massimo Prearo si occupa di politica e di questioni LGBTQI+. A suo avviso quanto sta succedendo nell’Italia di Giorgia Meloni mostra cosa potrebbe accadere nel resto d’Europa se i partiti di estrema destra continueranno a creare alleanze sempre più strette con gruppi che promuovono il fondamentalismo cristiano. Un’intervista di Sarah Ulrich.
der Freitag: Signor Prearo, a settembre l’Italia ha approvato una mozione parlamentare che introduce il divieto di parlare di questioni di genere nelle scuole. Cosa significa concretamente?
Massimo Prearo: La “mozione Sasso”, che prende il nome dal deputato della Lega[1] che l’ha presentata. In tal modo, il partito di estrema destra intende far sì che il governo adotti tutte le misure necessarie per impedire la diffusione e l’insegnamento della “ideologia gender” nelle scuole. Si tratta in realtà una misura simbolica, che viene però utilizzata per giustificare eventuali scelte o politiche volte a contrastare la “propaganda gender”. Non a caso proprio il deputato Sasso se ne sta già avvalendo per portare avanti la sua battaglia contro i corsi universitari in studi di genere.
Da dove provengono queste idee?
C’è un nesso evidente tra le rivendicazioni dei movimenti anti-gender e pro-vita, che promuovono questa agenda da anni, e la linea adottata dalla mozione Sasso. Una delle associazioni che ha lavorato a stretto contatto con Sasso è “Non si tocca la famiglia”, la quale, insieme ad altri movimenti anti-gender e pro-vita, è stata ascoltata più volte in Parlamento proprio su queste tematiche.
E quindi adesso questi movimenti esercitano la loro influenza anche sul piano politico?
È all’incirca dal 2016 che questi movimenti collaborano con Giorgia Meloni. Sin dall’inizio della mobilitazione anti-gender, sia la Lega sia Fratelli d’Italia hanno sempre sostenuto le rivendicazioni di questi movimenti e hanno persino contribuito a diffonderne le idee sui social media. Dal nostro studio si evince che la Lega ha un approccio piuttosto opportunista e strumentale, mentre Fratelli d’Italia adotta una linea ben più ideologica, soprattutto per quanto riguarda la difesa della cosiddetta “famiglia naturale”.
Che sarebbe, in altre parole, il modello tradizionale di famiglia eterosessuale.
Sì, non si tratta semplicemente del classico attivismo antiabortista dei pro-vita, bensì di quelli che vengono definiti “movimenti anti-gender”. Questi movimenti promuovono politiche anti-gender e anti-LGBTQI+ e, perseguendo una lotta alla cosiddetta “ideologia gender”, rappresentano in realtà una minaccia per la vita delle persone LGBTQI+. È per questo che non possiamo permetterci di sottovalutare i potenziali pericoli che derivano da questo genere di politiche.
Ci sono legami con attori internazionali?
Le associazioni anti-gender e pro-vita italiane fanno parte di una rete internazionale e lavorano a stretto contatto con organizzazioni transnazionali della destra religiosa, come Citizengo e il World Congress of Families, con cui condividono conoscenze specialistiche o meno e si confrontano in merito a possibili pratiche di mobilitazione. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che questa collaborazione comporta anche significativi afflussi di denaro a sostegno delle mobilitazioni nazionali.
Nello scenario europeo, l’Italia può essere considerata il primo paese ad aver limitato i diritti LGBTQI+?
Si può tranquillamente affermare che con l’ascesa dell’estrema destra l'Italia sia diventato l’emblema di come, in un paese considerato una democrazia consolidata, i diritti LGBTQI+ possano essere erosi. Benché la situazione dell’Italia non sia né quantitativamente né qualitativamente paragonabile a quella degli Stati Uniti, della Russia o dei paesi dell’Europa dell’est, anche nella Penisola lo sviluppo dei movimenti cristiani e ultraconservatori di destra è sfociato in una controrivoluzione. Proprio per questo dobbiamo prendere estremamente sul serio quanto accade in Italia, in quanto, nonostante sia caratterizzata da alcune dinamiche prettamente nazionali, la situazione italiana mostra anche il potenziale regressivo dei governi di estrema destra, soprattutto nel campo dei diritti civili.
Un esempio?
In parlamento si è assistito a un susseguirsi di dibattiti politici che hanno fatto naufragare o hanno messo a repentaglio molte battaglie progressiste. Nel 2016, ad esempio, la legge Cirinnà ha legalizzato le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, dopo un intenso dibattito politico culminato in un compromesso tra centrodestra e centrosinistra, non è stata riconosciuta la stepchild adoption per le coppie omosessuali.
Nel libro “The Christian Right in Europe”, pubblicato l’anno scorso da Gionathan Lo Mascolo, lei firma un articolo in cui analizza le strategie della destra cristiana. Quali sono le sue conclusioni principali?
In sintesi, ritengo che la vera forza dei movimenti ultraconservatori italiani stia nell’influenza che questi esercitano dentro e fuori i palazzi del potere. In Italia la destra cristiana non è riuscita a riunirsi inun unico partito in grado di entrare in parlamento e affermare espressamente la propria ideologia. Eppure, sebbene in maniera più velata, questa destra costituisce una delle più potenti lobby del paese ed è in grado sia di esercitare la propria influenza sul piano legislativo che di diffondere la propria agenda politica tra l’opinione pubblica e nei principali media.
In questo scenario, qual è il ruolo del Vaticano?
La vicinanza al Vaticano è tra le principali ragioni per cui questi movimenti godono di una certa visibilità. Al contrario di quelli tradizionalisti, infatti, i nuovi movimenti cattolici, pur essendo controversi, adottano una linea in accordo con le correnti ideologiche dominanti e riconoscono l’autorità del Vaticano e di papa Francesco. Probabilmente è anche per questo che il Vaticano non critica apertamente questi movimenti, ma arriva persino a sostenerli.
All’interno del movimento, vi è un'organizzazione in particolare che svolge un ruolo centrale?
Ce ne sono diverse. Una di queste è “Pro Vita & Famiglia”, che ha svolto un ruolo di primo piano nell’organizzazione dell’edizione del 2019, tenutasi a Verona, del congresso fondamentalista “World Congress of Families”. “Pro Vita & Famiglia” rientra inoltre tra i movimenti ultraconservatori che si sono esplicitamente alleati con i partiti di estrema destra, i quali hanno a loro volta introdotto molte rivendicazioni dell’associazione nella loro agenda politica.
Cosa succederà adesso?
Credo che assisteremo ad un’ulteriore limitazione dei diritti e che persone, famiglie e comunità LGBTQI+ continueranno a essere discriminate. L’alleanza tra movimenti anti-gender e pro-vita e i partiti di estrema destra si basa proprio sulla promessa di ridefinire l’identità liberale della democrazia italiana. Quest’ultima non deve più fondarsi sul riconoscimento e sulla tutela dei diritti fondamentali, ma perseguire tutti i valori tradizionali, dal concepimento naturale alla morte naturale, ponendo al centro della propria ideologia il culto della “famiglia naturale”.
Massimo Prearo, 47 anni, è professore presso il centro di ricerca “PoliTeSse: Politica e teorie della sessualità” dell'Università di Verona. Nel maggio del 2024 ha pubblicato uno studio dal titolo Anti-Gender Mobilizations, Religion and Politics: An Italian Case Study”.
Questa intervista è stata pubblicata per la prima volta sul settimanale tedesco der Freitag.
Questa intervista è stata realizzata nell’ambito di una ricerca dello European Media Fellowships della Fondazione Heinrich Böll.
Originariamente pubblicato sul sito boell.de, questo articolo è stato tradotto da Susanna Karasz, edizione di Roberta Inversi | Voxeurop