La degradazione del suolo è un problema grave ma troppo spesso trascurato, che minaccia la produttività agricola, la sicurezza alimentare e la salute degli ecosistemi. Circa un terzo dei suoli di tutto il mondo risultano oggi degradati, e di questi il 40 per cento si trova in Africa.
L’estensione e la gravità della degradazione del suolo sono influenzate sia da processi naturali, sia da attività umane come la deforestazione, le pratiche agricole, lo sfruttamento eccessivo dei pascoli e l’urbanizzazione. Tra le forme principali di degradazione vi sono l’erosione, la salinizzazione, l’acidificazione, la compattazione, l’esaurimento dei nutrienti e la contaminazione da metalli pesanti.
L’erosione, provocata innanzitutto da acqua e vento, è una delle forme più diffuse e gravi di degradazione del suolo e causa la scomparsa dello strato superficiale del suolo, ricco di nutrienti essenziali per la crescita delle piante. L’erosione del suolo porta a una perdita stimata di 75 miliardi di tonnellate di suolo all’anno, che a sua volta causa perdite finanziarie annuali per circa 400 miliardi di dollari. Queste cifre allarmanti mettono in luce le profonde conseguenze economiche ed ecologiche del fenomeno su scala globale.
Un altro grave problema è la salinizzazione, ossia l’accumulo di sali nel suolo, che spesso è la conseguenza di un’irrigazione scorretta. Quando le acque irrigue contenenti sali evaporano, lasciano nel suolo un residuo salino che col tempo può raggiungere livelli dannosi per la crescita delle piante. Una porzione significativa dei terreni coltivati nel mondo (stimata tra il 20 e il 50 per cento) ha un’elevata concentrazione salina, soprattutto nelle regioni aride e semiaride. Nel nord dell’India, per esempio, la salinità del suolo è così alta da compromettere i raccolti di frumento e riso.
Le piogge acide, l’uso di fertilizzanti azotati e l’agricoltura intensiva sono tutte cause primarie dell’acidificazione del suolo. Il fenomeno è sempre più comune in Asia, Europa e Nord America, dove le emissioni industriali di anidride solforosa e ossidi di azoto reagiscono con il vapore acqueo nell’atmosfera. In Europa, l’acidificazione del suolo – aggravata dall’uso inefficiente di fertilizzanti azotati – sta causando un calo dei raccolti, rendendo quindi necessarie costose aggiunte di calce per arginare temporaneamente il problema.
La compattazione si verifica quando le particelle di suolo vengono schiacciate l’una contro l’altra e i pori (cioè gli spazi vuoti) si riducono, diminuendo la quantità d’aria presente all’interno e limitando il passaggio dell’acqua. Questo fenomeno, spesso causato da macchinari pesanti e allevamento intensivo, riduce i raccolti e li rende più vulnerabili alla siccità, poiché un suolo compattato trattiene meno acqua.
La contaminazione da metalli pesanti, pesticidi e prodotti chimici industriali mette a repentaglio la salute di piante, animali ed esseri umani. È dovuta alle attività industriali, allo smaltimento improprio dei rifiuti, all’uso eccessivo di fitofarmaci e anche alle guerre. In Ucraina, il conflitto con la Russia ha contaminato un terzo dei terreni agricoli, mentre l’uso di bombe al fosforo bianco ha avvelenato le terre coltivate nel sud del Libano.
La degradazione del suolo provoca l’esaurimento dei nutrienti presenti nel terreno e impoverisce la biodiversità, danneggiando i microrganismi essenziali per la decomposizione della materia organica, il riciclo dei nutrienti e il mantenimento di un suolo sano e fertile, a sua volta utile alla crescita sostenibile delle piante. Questo ostacola fenomeni come la fissazione dell’azoto e la solubilizzazione del fosforo, rendendo i suoli poveri di nutrienti e riducendo i raccolti. Inoltre, l’alterazione del microbioma del suolo rende le piante più vulnerabili alle malattie.
A livello globale, i chilometri quadrati di terreni degradati sono circa 18,1 milioni. Più o meno il 62 per cento è danneggiato da pratiche non sostenibili, come metodi agricoli impropri, deforestazione e gestione inefficiente, mentre il 38 per cento è compromesso da un uso dei pascoli sproporzionato, che va oltre la capacità dei terreni di recuperare e mantenere il proprio livello di produttività.
Nell’Africa subsahariana, l’erosione del suolo può raggiungere le cento tonnellate per ettaro all’anno, con una contrazione dei raccolti che va dal 30 al 50 per cento nelle aree più gravemente colpite. Il 65 per cento circa dei terreni arabili nella regione è ormai classificato da moderatamente a gravemente degradato e rappresenta una minaccia significativa per la sicurezza alimentare. In Europa, il 61 per cento del suolo è attualmente malato, soprattutto a causa della perdita di carbonio organico e di biodiversità, e al deterioramento delle torbiere. Tuttavia, in mancanza di dati sulla contaminazione dei terreni, è probabile che la dimensione complessiva del fenomeno sia anche maggiore. In Asia meridionale la degradazione del suolo è dovuta soprattutto alla coltivazione di terreni scoscesi, arature eccessive, irrigazione per allagamento, rimozione o incendio di residui di colture, uso squilibrato di fertilizzanti e pascoli incontrollati.
Queste pratiche riducono la crescita delle colture e la produttività dei raccolti. Inoltre, i terreni irrigati sono molto salini e le loro falde acquifere sono a rischio esaurimento. Si stima che la degradazione del suolo costi all’Asia meridionale 10 miliardi di dollari all’anno; occorrono sforzi congiunti per contrastare i fattori che la provocano. Dobbiamo combattere insieme questa battaglia, che sta alla base della possibilità di vita sulla Terra.
L'articolo, originariamente pubblicato in inglese su boell.de, è stato tradotto in italiano da Laura Bortoluzzi ed edito da Elena Pioli | Voxeurop