Il potere delle aziende: quando i colpevoli non pagano, anzi…

Atlante del suolo 2024

L’abuso di fertilizzanti artificiali è nocivo per i terreni e, nel caso dei fertilizzanti azotati, anche per il clima. Inoltre, i pesticidi privano il suolo di componenti organici preziosi. Questi prodotti, però, fruttano parecchio a grandi imprese che influenzano i governi e ostacolano l’attuazione di leggi necessarie a proteggere le persone e l’ambiente.

Tempo di lettura: 6 minuti
Il potere di mercato di poche, grandi aziende è cresciuto stabilmente negli anni, grazie alla vendita combinata e molto proficua di pesticidi e sementi.
Teaser Image Caption
Il potere di mercato di poche, grandi aziende è cresciuto stabilmente negli anni, grazie alla vendita combinata e molto proficua di pesticidi e sementi.

Nel 2023, in tutto il mondo è stato venduto l’equivalente di quasi 73 miliardi di dollari in pesticidi e di oltre 200 miliardi di dollari in fertilizzanti artificiali. Nel 2022, gli alti prezzi di mercato hanno permesso ai giganti dell’agrochimica di incrementare significativamente i propri profitti nel corso dell’anno. Sin dalla metà degli anni Novanta, si è potuta osservare una sempre maggiore concentrazione industriale nel settore dei pesticidi così come in quello dei fertilizzanti. Tra il 1996 e il 2009, centinaia di aziende produttrici di sementi e pesticidi si sono fuse e hanno dato vita a sei grandi società. Nel 2020, le quattro principali (Syngenta, Bayer, Corteva e BASF) rappresentavano il 62 per cento del mercato globale. Anche l’industria dei fertilizzanti ha conosciuto un processo simile negli ultimi vent’anni, con numerose fusioni e acquisizioni che hanno dato origine a multinazionali come Nutrien, CF Industries, Mosaic e Yara.

Il fruttuoso commercio di fertilizzanti e pesticidi ha causato un aumento vertiginoso dei costi di produzione per gli agricoltori. In Europa, il prezzo dei fertilizzanti azotati è cresciuto del 149 per cento tra settembre 2021 e settembre 2022. Uno dei motivi per cui questo commercio è così redditizio per le aziende è che queste ultime non devono tenere conto, nei loro bilanci, dei costi ecologici legati all’uso dei propri prodotti: perdita di biodiversità, esaurimento della materia organica nel suolo, aumento della salinità e dell’acidità dei terreni. Nell’Unione europea molti pesticidi sono banditi, in quanto è risaputo che sono rischiosi per la salute umana e l’ambiente. Eppure, questi prodotti continuano a essere venduti, soprattutto nei paesi del Sud globale. Nel 2018, gli stati membri dell’UE più il Regno Unito hanno approvato l’esportazione di 81 mila tonnellate di pesticidi banditi in Europa. I tre principali esportatori sono stati Regno Unito, Italia e Germania.

Inoltre, le grandi multinazionali spesso sfruttano il proprio potere di mercato per influenzare le politiche degli stati. Nell’UE, le aziende produttrici di pesticidi e fertilizzanti per anni hanno fatto lobby contro la cosiddetta strategia “Farm to Fork” della Commissione europea, un pilastro cruciale del Green Deal. Un punto essenziale di questa strategia era la proposta di un Regolamento per l’uso sostenibile (Sustainable Use Regulation, SUR) dei prodotti fitosanitari, che mirava a diminuire l’uso di pesticidi del 50 per cento entro il 2030. Una ricerca investigativa ha svelato che rappresentanti di aziende di pesticidi e associazioni del settore agricolo hanno incontrato importanti membri del gruppo dei conservatori del Parlamento europeo oltre 400 volte tra gennaio 2020 e luglio 2023. Dai dati sulla votazione del SUR, avvenuta a novembre 2023, si evince come i parlamentari conservatori si siano opposti a una serie di aspetti centrali della proposta di legge, dimostrando come l’industria abbia influenzato i parlamentari europei e contribuito al rigetto della norma. Resta ora da vedere se la nuova Commissione farà un altro tentativo per limitare l’uso di sostanze tossiche nell’UE.

L’industria dei pesticidi ha guadagnato ulteriore influenza politica grazie ad una nuova partnership strategica tra la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e CropLife International, associazione che rappresenta le cinque maggiori produttrici di pesticidi: BASF, Bayer, Corteva, FMC e Syngenta. L’alleanza, sancita da una lettera di intenti firmata nel 2020, è stata criticata da varie organizzazioni della società civile che la ritengono incompatibile con il sostegno della FAO all’agroecologia. A maggio 2024, la FAO ha ufficialmente posto fine al sodalizio con CropLife.

Allo stesso tempo, l’industria dei fertilizzanti si sta facendo sempre più presente agli incontri internazionali sul clima. Durante la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, tenutasi a Dubai, l’International Fertiliser Association ha ospitato diversi eventi nel Food Systems Pavilion. Inoltre, in quell’occasione le aziende OCI, OCP, Nutrien e Yara (produttrici di fertilizzanti) insieme a BASF, Bayer e Syngenta (produttrici di pesticidi), hanno tenuto ad affermare il loro impegno per la tutela della salute del suolo promuovendo un Soil Health Day [Giornata per la protezione del suolo, NdT].

BASF, Bayer e Syngenta realizzano ingenti profitti vendendo nel Sud globale pericolosi pesticidi banditi nell’UE
BASF, Bayer e Syngenta realizzano ingenti profitti vendendo nel Sud globale pericolosi pesticidi banditi nell’UE

L’industria dei pesticidi e dei fertilizzanti ha risposto in diversi modi alla crescente pressione politica, esercitata soprattutto dalla società civile, e sta esplorando nuovi flussi di entrate. Yara, colosso dei fertilizzanti che gestisce anche la più grande rete commerciale di ammoniaca del mondo, ha per esempio annunciato l’intenzione di decarbonizzare la propria produzione riducendo le emissioni di anidride carbonica. Progetta anche di usare fonti di energia rinnovabile per generare il cosiddetto idrogeno verde, che sarà impiegato per produrre ammoniaca verde. Per questa transizione Yara, nonostante i profitti record realizzati, ha chiesto un aiuto di stato al governo tedesco per convertire l’impianto di Brunsbüttel, nel nord della Germania. Il processo di sintesi dell’ammoniaca, però, richiede molta energia, verde o meno. Risulterebbe spesso più conveniente e sostenibile, pur senza intaccare la produzione, ridurre semplicemente l’impiego di fertilizzanti, anziché decarbonizzarne il processo produttivo. Nel 2022, gli agricoltori inglesi sono riusciti a incrementare leggermente i propri raccolti pur avendo impiegato il 25 per cento in meno di fertilizzanti minerali rispetto alla media dei dieci anni precedenti. Cambiare solo i metodi di produzione agricola per decarbonizzare la catena produttiva permette alle multinazionali di mantenere identico il proprio core business, cosa che non accadrebbe riducendo drasticamente l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi.

L’agricoltura digitale, invece, è un modello di impresa completamente nuovo. Bayer, con la sua piattaforma digitale FieldView, è al momento leader del mercato, mentre Yara ha già annunciato l’intenzione di costruire la più grande piattaforma digitale nel settore agricolo in collaborazione con IBM. Anche multinazionali come Google e Amazon stanno facendo il loro ingresso nel settore.

Le multinazionali dei pesticidi e dei fertilizzanti hanno investito molto nella cosiddetta agricoltura di precisione, che permette a robot a guida autonoma, pilotati via GPS, di identificare le erbe infestanti e applicare i pesticidi in modo mirato. Questa pratica promette di ridurre l’uso complessivo di pesticidi, ma gli esperti avvisano che la digitalizzazione favorirà una ulteriore concentrazione del mercato, dato che la maggior parte delle piattaforme digitali è già nelle mani delle principali imprese produttrici di pesticidi, fertilizzanti e macchinari agricoli. Queste piattaforme, a loro volta, hanno stretto accordi con aziende operanti in settori affini e nel commercio agricolo, e possono dunque espandere la propria influenza sulle singole aziende agricole.


Questo articolo, originariamente pubblicato in inglese su boell.de, è stato tradotto in italiano da Laura Bortoluzzi ed edito da Elena Pioli | Voxeurop