"Kantine Zukunft ": Berlino trasforma la ristorazione collettiva aumentando la quota di prodotti biologici e promuovendo l'alimentazione a base vegetale nelle mense scolastiche
Intervista realizzata da Vina Hiridjee, giornalista indipendente, con Dinah Hoffmann, vicedirettrice del progetto “Kantine Zukunft, Berlin” e specialista in politiche alimentari urbane e sostenibili.
Lei fa parte del team che ha ideato “Kantine Zukunft”1, un progetto finanziato dalla città di Berlino nel quadro della strategia alimentare avviata nel 2016. Uno degli obiettivi è migliorare l’approvvigionamento delle mense scolastiche e la qualità dell’offerta di prodotti biologici e locali nella ristorazione collettiva, offrendo soprattutto pasti a base vegetale. La città di Berlino si è basata molto sui successi di Copenaghen. Può raccontarci a quali misure vi siete ispirat* in particolare?
Dinah Hoffmann: A Copenaghen sono state adottate varie misure e azioni concrete per cambiare radicalmente il funzionamento della ristorazione pubblica. Berlino ha preso ispirazione dalla capitale danese e si è concentrata su un’azione in particolare, ossia la creazione di un organo di formazione continua per cuoche e cuochi delle mense pubbliche, sul modello di “Copenhagen Madhus”2. Un senatore ha espresso l’auspicio che Berlino si dotasse di un’istituzione simile, e nel 2019 la nostra struttura si è candidata ad attuare il progetto; è stato allora che è partito “Berlin Zukunft”3. Il nostro obiettivo consiste essenzialmente nell’aiutare il personale che lavora in cucina a migliorare la qualità dell’offerta della ristorazione collettiva, fornendo consigli e strumenti utili. Affidiamo la formazione e la consulenza a chef con grande esperienza nel settore, affinché dialoghino con il personale delle mense e lo aiutino a cambiare il proprio modo di lavorare in cucina.
Qual è la vostra diagnosi e quali sono le sfide che le mense scolastiche berlinesi devono affrontare in termini di approvvigionamento?
A Berlino non esistono praticamente più le mense dotate di cucina interna: la maggior parte dei pasti sono forniti da ditte private che offrono servizi di ristorazione collettiva, e la gran parte di queste società di ristorazione sono grosse imprese che preparano migliaia di pasti al giorno. Dal 2021 c’è stato un grosso passo avanti, perché queste ditte hanno avuto l’obbligo di proporre piatti con il 50 per cento di alimenti biologici. Una delle sfide principali, però, consiste nel controllo della qualità del cibo scolastico, poiché quando si cucinano così tanti pasti è spesso la qualità a farne le spese. I pasti sono cucinati in grandi stabilimenti produttivi e poi consegnati alle scuole, rimanendo generalmente a lungo nei propri contenitori prima di essere consumati, e spesso la consistenza e il gusto dei piatti non sono molto apprezzati.
Disponete di un programma espressamente dedicato a cuoche e cuochi delle mense scolastiche che mette l’accento sulla cucina vegetariana. Perché questo aspetto è così importante per voi?
Organizziamo dei laboratori dedicati alla cucina vegetariana, per renderla invitante e gustosa. L’auspicio del comune di Berlino è che i pasti scolastici siano in prevalenza a base di verdure. Molte imprese del settore della ristorazione hanno bisogno di aiuto per comprendere l’idea alla base della cucina vegetale, perché molto spesso la formazione che hanno ricevuto cuoche e cuochi delle mense scolastiche vedeva la carne come fulcro del piatto e le verdure come semplice contorno. In questo laboratorio cerchiamo di far comprendere loro come creare piatti appetitosi a base di verdure che siano buoni e invitanti tanto quanto altri piatti generalmente molto apprezzati, come la pasta al ragù e il currywurst.
“Kantine Zukunft” è al contempo un programma di formazione continua e una rete di persone che si impegnano, grazie a esperienze condivise, a cambiare le pratiche legate alla ristorazione collettiva.
Organizziamo anche visite a fattorie biologiche della regione affinché cuoche e cuochi siano in diretto contatto con le realtà contadine e capiscano cos’è l’agricoltura biologica.
Lavoriamo inoltre sul cambiamento d’immagine della ristorazione collettiva affinché il pubblico berlinese la percepisca in modo diverso.
Ha parlato di un metodo berlinese per assicurare un sistema alimentare pubblico sostenibile nella capitale tedesca. Di cosa si tratta?
Il metodo berlinese è l’insieme dei dieci principi più importanti che utilizziamo lavorando con chi opera nel settore della ristorazione. Questi dieci punti descrivono come i pasti possano evolvere e come il lavoro in cucina ne sia il vettore principale. È importante utilizzare, per esempio, più vegetali, legumi e ortaggi, e considerare latticini o altri prodotti di origine animale come un contorno. È importante lavorare con consapevolezza sul costo degli alimenti, sapere dove finiscono i soldi e poter investire nella qualità. Per noi è essenziale aumentare il quantitativo di prodotti biologici per modificare radicalmente il processo di preparazione dei pasti. Per rientrare nei budget, bisogna concentrarsi su ingredienti di stagione e prodotti locali, che possono avere un prezzo inferiore se comprati al momento giusto. È necessario anche limitare il più possibile gli sprechi. L’ultimo punto afferma che il metodo berlinese consiste nell’avviare il cambiamento, trasmettere competenze e responsabilizzare chi lavora in cucina. Ovviamente, tutti e dieci i punti sono molto importanti, ma quest’ultimo mi sta particolarmente a cuore, perché spiega bene cos’è “Kantine Zukunft”.
Aiutiamo chi opera nella ristorazione ad essere attore e attrice del cambiamento del sistema alimentare a livello locale.
Intraprendiamo insieme questo percorso di cambiamento, ma i/le partecipanti proseguono il loro cammino anche dopo la fine del programma. Per esempio, la settimana scorsa sono andata a vedere la mensa di una scuola dell’infanzia che abbiamo seguito, ma che non è riuscita a raggiungere l’obiettivo del 60 per cento di prodotti biologici in cucina, uno dei criteri a cui si deve rispondere alla fine del nostro programma di accompagnamento. La scuola aveva raggiunto tutti gli obiettivi, tranne quello. Così ci ha chiesto di svolgere una nuova analisi dei loro acquisti e, qualche mese più tardi, è riuscita ad aumentare la percentuale di prodotti biologici dal 59 all’80 per cento. Quando cucine o istituzioni terminano il nostro programma, non sono cambiati soltanto i menù, i sistemi di approvvigionamento e i piatti: qualcosa è cambiato anche nella testa delle persone, nel loro modo di pensare. È una delle cose che Copenaghen ha sempre consigliato di fare.
Come mai proprio il 60 per cento di prodotti biologici?
L’abbiamo imparato a Copenaghen: una delle leve per cambiare radicalmente il modo in cui funzionano le cose è l’aumento della percentuale di prodotti biologici nei pasti. Al di sotto di questa percentuale, una cucina non riesce e non ha bisogno di cambiare metodo di lavoro per rientrare nel proprio budget. Ma se la si obbliga ad utilizzare più del 60 per cento di prodotti biologici senza poter modificare il budget a sua disposizione, ecco che allora dovrà davvero cambiare pianificazione, acquisti e modo di cucinare. È esattamente ciò che noi l’aiutiamo a fare: analizziamo la cucina, guardiamo cosa compra, studiamo quanto spende e perché. Poi, elaboriamo insieme un piano per ridurre i costi e investire nella qualità con l’obiettivo di aumentare il quantitativo di alimenti freschi e proporre pasti vegani e vegetariani. Esaminiamo i vari aspetti e, passati sei mesi, dopo varie visite e riunioni e dopo aver lavorato con il personale per capire meglio i suoi metodi quotidiani di lavoro, invitiamo cuoche e cuochi ai nostri laboratori di formazione. Inoltre, esaminiamo anche le fonti di approvvigionamento dei prodotti alimentari e discutiamo della possibilità di cambiare grossista: infatti, la varietà di prodotti biologici differisce molto da un grossista all’altro. Alcuni propongono una quantità molto limitata di prodotti biologici, altri hanno una gamma più ampia, e anche i prezzi possono essere molto diversi. Aiutiamo le cucine anche su questo fronte. Quindi per rispondere alla domanda, la soglia del 60 per cento è una sorta di punto di riferimento a partire dal quale la cucina può davvero lavorare in modo diverso. Il nostro scopo è assicurarci che le mense riescano a migliorare la qualità senza sforare il proprio budget.
Mangiare meglio senza spendere di più… è possibile?
Sì! Lavoriamo molto nel settore della ristorazione e delle mense in generale, perché cucinano per un gran numero di persone e giocano un ruolo molto importante nel nostro sistema alimentare. Gli aiuti disponibili in questo settore, però, sono pochi. Il nostro desiderio è che il cibo sia migliore, che ci siano più verdure, più prodotti biologici e che i pasti siano più equilibrati. Abbiamo bisogno di ridurre gli sprechi. Ma le strutture ristorative avrebbero bisogno di più soldi per realizzare questi obiettivi, e nessuno fornisce loro i fondi necessari. C’è chi lavora in cucina da venti, a volte anche trent’anni, senza aver mai ricevuto una formazione supplementare.
Parlando di alimenti biologici, si riferisce ad alimenti biologici prodotti localmente in Germania o altrove?
Per noi l’obiettivo primario è avere più cibo biologico possibile, e secondariamente coniugare produzioni biologiche e locali, ma cerchiamo sempre di lavorare in modo pragmatico e utile alle cucine. Per quanto riguarda la produzione biologica locale, Berlino dipende dalla regione circostante, il Brandeburgo, dove le terre non sono molto fertili e non producono molti ortaggi: vi si trovano soprattutto cereali, latticini e un po’ di carne.
Quindi, in un certo senso, è irrealistico aspettarsi che le cucine aumentino il loro quantitativo di prodotti biologici e pretendere che questi ultimi provengano unicamente dal Brandeburgo. Ecco perché suggeriamo sempre a chi lavora nella ristorazione di procurarsi prodotti biologici che non vengano da troppo lontano. Un esempio: se la quantità di fragole in estate non è sufficiente, o se quelle della regione sono troppo care, l’Italia o la Spagna sono di certo un’alternativa possibile. I prodotti regionali sono sempre da privilegiare, ma non imponiamo di rifornirsi a meno di 100 o 1000 chilometri, perché cerchiamo di trovare dei metodi che permettano alle cucine di funzionare bene.
Berlino è la capitale del bio: i berlinesi consumano moltissimi prodotti biologici. Ma se analizziamo la catena di approvvigionamento e quella di valore dei prodotti biologici notiamo che mancano, soprattutto nella regione circostante, le infrastrutture per rispondere alle esigenze delle grandi cucine e dei ristoranti scolastici. Dobbiamo dunque utilizzare a nostro vantaggio il meccanismo della domanda e dell’offerta. Ogni giorno a Berlino vengono preparati qualcosa come 150 mila pasti scolastici, una cifra importante e in continua crescita. In città c’è quindi una forte domanda di prodotti biologici, e questo può avere un’influenza positiva sull’offerta.
Le grandi mense e i grandi ristoranti scolastici possono dunque dare nuovo ossigeno all’agricoltura biologica tedesca, ed è la stessa idea che sta alla base di ciò che sta succedendo a livello politico. In Germania si sta lavorando a una strategia alimentare nazionale e a un piano per far crescere l’agricoltura biologica, con l’obiettivo di convertire il 30 per cento dei terreni agricoli al biologico entro il 20304. La politica guarda alla ristorazione collettiva come leva del cambiamento, perché vuole aumentare la domanda di prodotti biologici, al fine di sensibilizzare l’intero settore agricolo al biologico.
La città di Friburgo ha deciso di proporre solo pasti vegetariani nelle sue mense. Cosa ne pensa? Berlino potrebbe seguire questa strada?
A Berlino ci concentriamo sulla quota di prodotti biologici nei piatti. Ma questo va logicamente di pari passo con la drastica riduzione dei prodotti di origine animale, perché sono più cari di quelli di origine vegetale. Se facciamo l’esempio delle scuole dell’infanzia, molte di quelle con cui lavoriamo servono carne e pesce una volta ogni due settimane, quindi molto poco. Lo stesso accade nelle scuole di grado superiore. In questa fase penso dunque che non sia necessario passare a un’alimentazione interamente vegetale. Se consideriamo quanto è ridotto l’impiego di prodotti di origine animale, e se aumentiamo di molto la quota di prodotti biologici, non c’è motivo di preoccuparsi. Da un punto di vista nutrizionale è dimostrato, come dice l’Associazione tedesca per la nutrizione, che è sufficiente proporre prodotti di origine animale ogni due settimane. Gran parte della società consuma già prodotti di origine vegetale e segue una dieta vegana o vegetariana. Ma penso che dal punto di vista politico l’accento rimarrà sui prodotti biologici.
Intervista realizzata da Vina Hiridjee il 27 novembre 2023
Traduzione di Laura Bortoluzzi, edizione di Elena Pioli | Voxeurop
Footnotes
- 1
- 2
la “Casa dell’alimentazione”
- 3
Berlino futuro
- 4
https://www.bmel.de/EN/topics/farming/organic-farming/2030-organic-stra…