Uno studio dimostrativo condotto su 24 campi per valutare i residui dei pesticide ha mostrato la presenza di 20 sostanze chimiche di sintesi, e ha confermato la diffusione del glifosato e la persistenza di sostanze tossiche come il DDT.
L'ultima indicazione è arrivata dalla Cop15, la conferenza Onu sulla biodiversità che si è conclusa il 19 dicembre 2022 a Montreal: entro il 2030 bisogna dimezzare il rischio pesticidi per frenare una delle principali minacce alla salute del suolo e alla biodiversità. Una minaccia che rischia di far sparire un milione di specie dalla faccia del pianeta perché “la biosfera, da cui dipende l'umanità nel suo insieme, viene alterata a un livello senza precedenti”.
Ma se tutti associano la difesa della biodiversità alla lotta contro la deforestazione, pochi conoscono l’importanza della tutela del suolo. Eppure in un pugno di terra ci sono più organismi viventi di quante persone abitano il pianeta: più di otto miliardi tra batteri, lombrichi, nematodi e tantissime altre specie. Un’incredibile ricchezza e varietà di organismi viventi che assicura una serie di importanti vantaggi: miglioramento della fertilità dei suoli; maggiore capacità di assorbire carbonio dall'atmosfera combattendo la crisi climatica; miglior tenuta e compattezza del terreno che diminuiscono il rischio idrogeologico sempre più allarmante. Infine anche la presenza e la disponibilità dei 18 micro e macro nutrienti necessari alla crescita delle piante alimentari e alla salute umana.
Senza le giuste quantità di calcio, ferro, sodio, zinco, manganese e degli altri elementi presenti nei suoli fertili, la qualità dei cibi s’impoverisce drammaticamente. La Global Soil Partnership della FAO stima che sono oltre 2 miliardi le persone che soffrono specificamente di una carenza grave di micronutrienti e ricorda che “un suolo povero di nutrienti è incapace di produrre un cibo sano, con tutti gli ingredienti principali per la salute delle persone”.
Visto che tra i fattori principali dell’impoverimento del suolo si sono le sostanze chimiche di sintesi, in parte provenienti dall’agricoltura intensiva, Cambia la Terra - un progetto di FederBio con Legambiente, Lipu, Medici per l’Ambiente, Slow Food e WWF - ha realizzato una campagna dimostrativa, “La Compagnia del Suolo”, che ha esaminato la quantità di pesticidi presenti nei campi.
Grazie all’aiuto di agronomi e tecnici sono stati raccolti campioni di terreno in 24 campi per valutare la presenza di sostanze nel suolo.
I risultati, in breve: nei campi convenzionali sono state ritrovate ben 20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. La sostanza più rilevata è il glifosato, che compare in 6 campi convenzionali su 12, seguito dall’AMPA, un acido che deriva dalla degradazione del glifosato. Si tratta dell’erbicida più usato al mondo, che ha effetti sulla salute degli ecosistemi e su quella umana, e che è rientrato nella lista delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’ dello IARC di Lione (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro). Delle altre 18 sostanze chimiche di sintesi ritrovate, ben 5 risultano revocate da anni: due, il famigerato DDT (e il suo metabolita DDE, sostanza che proviene dal degrado della molecola originaria), resiste in un campo presumibilmente dal 1978, anno in cui è stato vietato in Italia, in quantità non trascurabili. Le altre (permetrina e imidacloprid), proibite rispettivamente nel 2001 e nel 2018, sono state ritrovate in un campo di pomodori; l’ultima (oxodiazon) revocata nel 2021, in un pereto.
Per quanto riguarda i campi biologici, le sostanze di sintesi rilevate sono solo tre, tra cui un insetticida contro le zanzare, probabilmente proveniente dalle abitazioni vicine, e, in uno stesso campo DDT e DDE. Si tratta con ogni evidenza di contaminazioni accidentali, da cui il bio cerca da sempre di difendersi.
I risultati del monitoraggio dimostrativo evidenziano che i dati relativi ai campi coltivati con il metodo biologico sono decisamente migliori rispetto a quelli coltivati in convenzionale, a conferma che il bio è un metodo di produzione che favorisce la tutela del suolo e della biodiversità. E le quantità di residui chimici di sintesi trovate nei campi convenzionali confermano l’urgenza di ridurre l’uso di pesticidi di sintesi chimica per le quali il biologico può offrire soluzioni innovative sperimentate da anni.
L'agricoltura biologica trae la sua forza e la sua ragion d’essere proprio dalla cura del suolo, perché si tratta di un’agricoltura che non usa sostanze chimiche di sintesi, favorisce la cura del suolo mantenendolo sano e vivo per fornire alle piante gli elementi essenziali per la loro crescita, elementi che non possono essere sostituiti da apporti estranei all’ecosistema agricolo naturale.
È un dato di fatto che la quantità di carbonio organico, che dipende sia dalla biodiversità del suolo che dalla presenza di microelementi, è maggiore nei campi non trattati con chimica di sintesi. In questo senso, l’agricoltura biologica rappresenta un riferimento possibile anche per il resto delle pratiche agricole: la desertificazione sta colpendo fortemente i suoli di tutto il mondo. In Italia un terzo dei suoli è in stato di degrado, e non si potrà continuare a fare affidamento solo sul continuo apporto di fertilizzanti chimici, prodotti con spreco di energia e sistemi altamente inquinanti, collegati a un mercato mondiale che negli ultimi anni ha mostrato tutta la sua fragilità.
Fonti:
p.22 e p.23: https://www.cambialaterra.it/lacompagniadelsuolo/