Le colture geneticamente modificate dovevano ridurre l'uso di sostanze chimiche in agricoltura, diminuire i carichi di lavoro e aumentare le rese. Queste promesse non sono state mantenute.
Negli ultimi anni, il glifosato più di ogni altra sostanza è stato al centro di molti accesi dibattiti. Nel 2017, gli Stati Membri dell'UE avevano votato il rinnovo della licenza dell'erbicida per almeno cinque anni, nonostante gli appelli alla cautela e le manifestazioni organizzate in molti Paesi.
Ma come funziona questo erbicida? Il glifosato viene applicato alle colture alimentari e non alimentari come soia e mais. Inibisce l'enzima EPSPS, che nelle piante è necessario per produrre gli aminoacidi, interrompendone le funzioni metaboliche causando così la morte della pianta. Le colture geneticamente modificate sono protette da questa interruzione metabolica e possono dunque continuare a produrre aminoacidi e sopravvivere nonostante i trattamenti. Per questo motivo, nella sua fase di crescita, la soia geneticamente modificata può essere trattata con glifosato senza subire danni, mentre tutte le piante circostanti, che “competono” con essa per acqua, spazio e nutrienti, muoiono. Prima dell'avvento degli OGM, le piante ritenute infestanti venivano controllate mediante un trattamento erbicida di pre-emergenza, la rotazione delle colture o il diserbo manuale.
Oggi, il 74% della soia coltivata in tutto il mondo è geneticamente modificata. Il ricorso agli organismi geneticamente modificati (OGM) è stato associato a un aumento massiccio dell'uso del glifosato. Dal 1995 al 2014, negli USA, l'impiego del glifosato in agricoltura è aumentato di nove volte, raggiungendo le 113.000 tonnellate all'anno, un terzo della quantità totale di erbicidi utilizzata. Dal 2012 al 2016, una media di circa 127.000 tonnellate di glifosato sono state applicate ogni anno su 120 milioni di ettari. Gran parte del glifosato è usato per il trattamento della soia (53.000 tonnellate), del mais (43.000 tonnellate) e del cotone (9.000 tonnellate).
Globalmente, l'utilizzo di glifosato è aumentato di quasi 15 volte, da 51.000 tonnellate nel 1995 a 747.000 tonnellate nel 2014. Tale incremento è correlato all'espansione delle colture di soia OGM in America Latina. Dopo la sua introduzione in Argentina nel 1996, il volume del glifosato è raddoppiato in soli dieci anni. In Brasile, l'utilizzo di erbicidi nei campi di soia è triplicato dal 2002 al 2012, raggiungendo le 230.000 tonnellate all'anno, a causa del glifosato.
Nonostante il drastico aumento delle quantità di erbicida applicati, le rese per ettaro sono aumentate solo di circa il 10%. Il Brasile e l'Argentina oggi sono fra i paesi del mondo dove il consumo di erbicidi è maggiore, rispettivamente al terzo e al quarto posto dopo Cina e USA.
L'uso intensivo di glifosato ha portato in tutto il mondo alla comparsa di specie di piante erbacee a esso resistenti. Nel 2000, le prime segnalazioni nel Delaware, USA, sono finite sui giornali di tutto il mondo. Era stato appurato che la Conyza canadensis non si poteva più eliminare con il glifosato. Nel 2012, le piante erbacee resistenti al glifosato si erano già diffuse nei 25 milioni di ettari di seminativi statunitensi. Oggi sono 53 le specie che hanno sviluppato resistenza al glifosato, fra cui l'amaranto nelle colture di cotone e soia. Per eliminare queste piante meno sensibili al glifosato, gli agricoltori hanno aumentato la quantità di glifosato applicata e hanno intensificato anche l'uso di altri erbicidi.
Un'altra manipolazione genetica volta a contribuire alla riduzione dei pesticidi era l'inserimento nelle piante di specifiche sequenze di DNA volte a migliorarne la resistenza agli insetti nocivi: nelle piante, il trasferimento genico dal batterio Bacillus thringiensis porta alla formazione di proteine note come “tossine Bt”. Queste proteine sono letali per diversi tipi di insetti. Piante resistenti agli insetti sono state coltivate per la prima volta a metà degli anni '90, e oggi rappresentano fino al 57% di tutte le colture OGM coltivate nel mondo, prevalentemente soia e cotone. Il fatto che le tossine all'interno della pianta in tutte le sue parti agiscono da insetticida in tutto il periodo vegetativo ha conseguenze sull'ambiente.
Possono pagarne le conseguenze, per esempio, farfalle e altri insetti. E proprio come le erbe infestanti nei campi di soia, anche gli insetti nocivi sviluppano resistenza. Negli USA, esemplari di diabrotica del mais (Diabrotica virgifera virgifera) sono già resistenti a più di una tossina Bt. Poco dopo l'avvento delle colture Bt, il numero di pesticidi usati, in effetti, è calato, ma si è trattato di un effetto temporaneo: negli USA, le vendite di insetticidi nel settore della produzione del granturco sono riaumentate significativamente. Nel 2018, gli agricoltori indiani hanno speso in insetticidi per ettaro il 37% in più rispetto al 2002, anno dell'introduzione del cotone geneticamente modificato. Inoltre, il costo dei semi e dei fertilizzanti è aumentato.
Tali problemi non sono nuovi: già più di 10 anni fa, 20 organizzazioni della società civile dell'India, del Sud Africa e del resto del mondo, nel documento A Global Citizens Report on the State of GMOs, hanno dichiarato che l'ingegneria genetica non è riuscita a incrementare la resa delle colture alimentari, ma ha fatto aumentare di gran lunga l'uso degli erbicidi e lo sviluppo di specie resistenti. Mentre le grandi società acquistano il controllo del mercato delle sementi e alzano i prezzi, gli agricoltori si indebitano. Negli ultimi anni, l'indebitamento è considerato causa delle centinaia di migliaia di suicidi di agricoltori indiani.
Fonti:
p.44: IHS Markit, Analysis of sales and profitability within the seed sector, 2019, https://bit.ly/3pvOsq8. Jennifer Clapp, The problem with growing corporate concentration and power in the global food system, 2021, https://go.nature.com/3xTA9iR. – p.45: International Service for the Acquisition of Agribiotech Applications, https://bit.ly/3do7aKC. Faostat, https://bit.ly/3DohlJQ. The International Survey of Herbicide Resistant Weeds, https://bit.ly/3IgJwhr.