L’“Internazionale euroscettica” alle porte di Bruxelles?

Analisi

I partiti radicali populisti godono di un aumento di popolarità e hanno guadagnato terreno nelle elezioni nazionali nel corso del 2023. Questi partiti potrebbero trarre profitto dall’aumento dell’inflazione, dalle tensioni sociali e culturali e dall’instabilità politica in alcuni paesi. Di conseguenza un numero sempre maggiore di queste formazioni è ora al governo, o quasi, o ha visto aumentare il numero dei propri sostenitori. Tuttavia un trionfo di questi partiti sembra lontano, anzi, in alcuni casi, come in Polonia, hanno perso il potere. I principali beneficiari di questa tendenza sembrano essere Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni, il partito Smer-SD del primo ministro slovacco Robert Fico, Alternativa per la Germania (AfD), il Partito per la libertà olandese (PVV), il Partito della libertà austriaco (FPÖ) e il relativamente nuovo Chega! (“Basta!”) in Portogallo.

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Gli eventi più significativi del 2023 sono state le elezioni in Spagna, Slovacchia, Polonia e Paesi Bassi. In Spagna, nonostante i successi nelle elezioni regionali, il partito VOX ha perso seggi in Parlamento e non è riuscito a formare un governo con il centrodestra. In Slovacchia Robert Fico è tornato al potere dopo un anno di campagna elettorale negativa e ha formato un governo di coalizione con il suo ex vice-presidente e il Partito Nazionale slovacco (SNS). In Polonia, dopo una serrata campagna elettorale, il dominio durato otto anni di Diritto e Giustizia (PiS) è finito, non essendo riuscito a formare un governo nonostante la maggioranza dei voti ottenuta, consegnando il potere all’alleanza di opposizione guidata da Donald Tusk. Nei Paesi Bassi, il Partito per la libertà (PVV) di Geert Wilders ha ottenuto la maggioranza dei voti, ma è ancora da vedersi se riuscirà a formare una coalizione di governo.

I partiti populisti della destra radicale europea si concentrano su temi similari, quali il nativismo, l’autoritarismo e il populismo, e seguono strategie e tattiche simili. Ci sono persino partiti populisti anti-establishment non di destra, come lo Smer, che prendono esempio dai loro compagni populisti della destra radicale adottando simili messaggi anti-gender, anti-migrazione, euroscettici e antiliberali. In alcuni casi attenuano le narrazioni estremiste e si concentrano sulle preoccupazioni concrete e immediate dei cittadini per trarne profitto in tempi di crisi. Nonostante i temi comuni, questi partiti sono tutt’altro che uniti ideologicamente e continuano ad avere differenze significative. La loro cooperazione si concentra rigorosamente sui punti di interesse reciproco, cercando di tenere nascoste le differenze.

La loro principale linea di demarcazione è il rapporto con la Russia, soprattutto dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel febbraio 2022. Mentre il partito di governo ungherese Fidesz e i membri del gruppo Identità e Democrazia (ID) al Parlamento europeo (in particolare FPÖ, AfD, il Rassemblement National francese (RN) e la Lega di Matteo Salvini) perseguono una politica pro-Cremlino, i membri del gruppo Conservatori e Riformisti europei (ECR) hanno una chiara posizione anti-Cremlino (ad esempio, FdI e PiS). Inoltre i partiti populisti di destra radicale possono facilmente trovarsi su posizioni diverse su altre questioni politiche a causa della diversità dei rispettivi contesti e interessi nazionali. E anche gli obiettivi di potere di questi partiti e dei loro leader spesso si scontrano. Pertanto, a partire dal dicembre 2023, l’alleanza tra ECR e ID sembra improbabile nel breve periodo. Anche se Fidesz negli ultimi anni aveva lavorato duramente per far avvicinare i due gruppi, quando nel settembre 2023 si è resa conto che questi sforzi erano falliti, ha manifestato il suo desiderio di aderire all’ECR.

Alcuni segnali fanno pensare a un avvicinamento del PPE e dell’ECR in vista delle elezioni del 2024. A livello nazionale esiste già una cooperazione tra il PPE e l’ECR in Italia, Repubblica Ceca e Lettonia. La leadership del PPE e dell’ECR stanno considerando di instaurare una relazione più stretta, poiché le posizioni politiche della leadership del PPE sembrano allinearsi con quelle dell’ECR in materia di immigrazione e cambiamento climatico. Tuttavia ci sono differenze significative tra i due gruppi, e la leadership del PPE riceve pressioni interne ed esterne mentre altri gruppi cercano di mantenere un cordone sanitario contro i partiti radicali populisti.

Il governo di Orbán vuole provocare un “cambio di regime” in Europa per creare un ambiente esterno favorevole alla sua sopravvivenza interna a lungo termine. Pertanto la politica di costruzione dell’influenza del regime di Orbán nell’Ue ha mirato a stabilire una cooperazione con le forze populiste radicali (di destra) “sovraniste”, sostenendole, convincendole ad accettare il ruolo di guida di Fidesz e facilitando la loro collaborazione, preferibilmente formando un’ampia alleanza. I principali strumenti per costruire influenza e partnership tra le forze populiste radicali (di destra) nell’Ue sono stati (1) l’esportazione di idee, politiche e narrazioni illiberali, ad esempio, attraverso meeting, eventi e pubblicazioni; e (2) fornire   supporto pratico a questi attori. Il regime ha stabilito una cooperazione con partiti e leader di simili vedute in quasi tutti gli Stati membri dell’Ue. A partire dal dicembre 2023, i partner più essenziali di Fidesz nell’Ue sono FdI in Italia, PiS in Polonia, Vox in Spagna, RN in Francia, Pvv nei Paesi Bassi e Smer in Slovacchia.

Nonostante la crescente popolarità di alcuni partiti radicali populisti, è poco probabile che riescano ad acquisire un’influenza significativa sul Parlamento europeo o sul Consiglio europeo (EUCO) nel 2024. Ciò significa che avranno un’influenza limitata quando l’EUCO proporrà il nuovo presidente della Commissione europea (CE). A parte l’Italia, l’Ungheria e la Slovacchia, i cui governi sono guidati da leader populisti radicali, questi partiti possono solo influenzare il processo decisionale in Finlandia, dove fanno parte della coalizione di governo, e indirettamente in Svezia, dove i Democratici svedesi (SD) sostengono il governo dall’esterno. Altrimenti la cooperazione mirata con il gruppo del PPE su questioni specifiche rimane l’unico modo per questi partiti di avere voce in capitolo a livello europeo.

Supponiamo che l’attuale composizione dei gruppi politici nel Parlamento europeo rimanga la stessa. In tal caso il più grande vincitore delle elezioni del Parlamento europeo del 2024 sarà il gruppo euroscettico di destra dell’ECR. Le conquiste dell’ECR saranno principalmente guidate da FdI di Giorgia Meloni, che essenzialmente sottrarrà elettori e seggi alla Lega, partner della coalizione, membro del gruppo ID di estrema destra pro-Cremlino. Quindi la crescita dell’ECR sta avvenendo principalmente a spese di ID, che sarà in grado di stabilizzare e migliorare la sua posizione solo grazie alla crescita dell’AfD tedesco e del PVV olandese. Se Fidesz dovesse riuscire ad aderire all’ECR, a cui ha annunciato di puntare, questo gruppo potrebbe diventare il terzo più grande nel prossimo Parlamento europeo. Tuttavia ciò potrebbe rendere necessarie ulteriori concessioni da parte di Fidesz nei confronti del PiS polacco e di FdI, soprattutto per quanto concerne la sua posizione pro-Cremlino e anti-Ucraina. Nel caso in cui Fidesz non riuscisse ad aderire a ECR e puntasse invece al gruppo ID, quest’ultimo arriverebbe terzo.

Pur avendo partner “sovranisti” in tutta l’Ue è improbabile che l’alienazione internazionale del regime di Orbán si attenui senza un cambiamento significativo e duraturo nella scena politica europea o nella politica interna ed estera del governo ungherese. L’Ungheria continuerà ad essere uno stato paria all’interno dell’Ue, senza grandi alleati strategici e con una popolazione sempre più in opposizione all’Occidente e specialmente contro l’Unione europea. Nel caso in cui la svolta populista della destra radicale nella politica europea fallisse, il regime di Orbán potrebbe sperare di riguadagnarsi un po’ di benevolenza durante la presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea (Consiglio) nella seconda metà del 2024.


Le opinioni e i punti di vista presentati in questo articolo non riflettono necessariamente quelli della Fondazione Heinrich-Böll.

Questo articolo, pubblicato originaziamente sul sito eu.boell.org, è stato tradotto dall'inglese da Alessandra Bertuccelli Voxeurop