Il nuovo accordo tra Italia e Albania in materia migratoria è stato ratificato dai due paesi a febbraio. Oltre a far emergere numerosi dubbi sulla compatibilità col diritto internazionale ed europeo e sulla viabilità logistica ed economica, questo trattato solleva un punto fondamentale: l’esternalizzazione delle frontiere è il modello da seguire?
Il piano Albania
Grossomodo il piano è questo: in futuro, se un gruppo di migranti alla deriva in alto mare, in un punto qualsiasi tra Nordafrica e Sicilia, verrà soccorso e preso a bordo da una nave della marina italiana, questa nave dovrà dirigersi verso il porto di Shengjin, nel nord dell’Albania. Lì, donne e uomini migranti verranno sbarcate/i e condotte/i in un centro di prima accoglienza. Non tutti però: chi sarà ritenuta/o particolarmente vulnerabile, p.es. minori, donne incinte, persone disabili o anziane e vittime di tortura, tratta o violenza sessuale, rimarrà a bordo della nave per essere condotta/o in Italia. Per tutte le altre e tutti gli altri il viaggio proseguirà in pullman lungo una strada ancora da costruire che porterà ad un centro recintato e sorvegliato, ancora da costruire. In questo centro le richieste d’asilo verranno vagliate con procedura accelerata, applicando le norme relative alla cosiddetta procedura di frontiera: per legge, infatti, il centro d’accoglienza albanese è equiparato a “zone di frontiera o di transito” italiane. La durata della procedura non potrà superare i 28 giorni, incluse, in caso di rigetto della richiesta d’asilo, eventuale presentazione di ricorso e ordinanza del giudice che accolga o rifiuti l’effetto sospensivo del ricorso.[1]
Sia che, in seguito ad una udienza online, ottenga una forma di protezione dalla Commissione di Roma sia che il tribunale di Roma accolga il ricorso con effetto sospensivo, la/il richiedente sarà condotta/o in Italia via mare e lì riceverà un permesso di soggiorno temporaneo. Nel caso di una risposta negativa, invece, la/il richiedente dovrà essere espulsa/o e verrà perciò condotto nel centro di rimpatrio che sorgerà nella vicina Gjadër e che sarà anch’esso gestito dalla polizia italiana; lì potrà essere detenuta/o per un periodo massimo di 18 mesi. L’accordo non ha chiarito come avverranno i rimpatri nei paesi di provenienza ma, per ragioni logistiche, nella maggior parte dei casi sarà comunque necessario passare per un aeroporto italiano.
“Solidarietà internazionale”
Il protocollo firmato il 6 novembre 2023 a Tirana da Giorgia Meloni e dal suo omologo albanese Edi Rama fa riferimento ad un precedente accordo tra i due paesi adriatici, il Trattato di Amicizia del 1995, ed ha l’esplicito obiettivo di promuovere la cooperazione bilaterale, soprattutto per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione illegale e la tutela dei diritti umani. Il preambolo del protocollo, inoltre, menziona la candidatura dell’Albania per l’adesione all’Unione Europea, non però il fatto che, in caso di effettiva adesione, l’accordo perderebbe il proprio fondamento, perché l’Albania cesserebbe di essere un “paese terzo”.
Perché l’Albania cede all’Italia la sovranità territoriale su due aree del paese, tollerando una sorta di enclave all’interno dei propri confini? Il vantaggio principale che il governo albanese spera di ottenere è un forte appoggio “solidale” da parte dell‘Italia nei negoziati di adesione all’UE; inoltre, siccome tutti i costi necessari all’operazione saranno sostenuti dall’Italia, nei prossimi anni questo piccolo paese vedrà affluire quasi un miliardo di euro. Poi ci sono gli investimenti infrastrutturali nell’Albania settentrionale, economicamente debole, e i viaggi di lavoro di centinaia di funzionari, giudici, avvocati, giornalisti, rappresentanti di ONG e forze dell’ordine italiane che, sicuramente, avranno un effetto positivo sul turismo.
Un modello da imitare
In materia di migrazione e asilo la destra che da quasi un anno e mezzo governa l’Italia non ha fatto progressi ed è ben lontana dal raggiungimento degli obiettivi che si era prefissata. Sei decreti sulla migrazione non sono stati in grado di impedire che il 2023 fosse l’anno con il maggior numero di migranti dal 2016: 157.000 arrivi via mare a cui vanno aggiunte 180.000 persone in fuga dall’Ucraina. Il sistema dell’accoglienza[2] è al collasso e le misure annunciate da Meloni – il “blocco navale”, i “porti chiusi”, le rapide espulsioni di massa e i relativi accordi con paesi come Tunisia e Libia – si sono rivelate impossibili da realizzare.
L’accordo con l’Albania, ossia il reindirizzamento delle/dei richiedenti asilo in un paese terzo con tanto di esternalizzazione delle procedure d’asilo e dell’accoglienza materiale, questo trasferimento degli oneri su un paese vicino che dovrebbe “alleggerire” l’Italia, è una novità nell’ambito della corsa europea a chi trova la strategia più efficace per tenere lontani migranti e rifugiati.[3] L’accordo con l’Albania entrerà in fase di attuazione giusto in tempo per la campagna elettorale delle elezioni europee che si terranno a giugno 2024.
La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha elogiato il protocollo,[4] definendolo una “importante iniziativa”, esempio di un “pensiero fuori dagli schemi”, mentre secondo la commissaria europea agli affari interni Ylva Johansson sarebbe del tutto impossibile che l’accordo violi il diritto europeo visto che riguarda un territorio “extra-europeo”. E l’Italia, applicando il diritto italiano che è in linea con il diritto europeo, non potrà che agire conformemente a quest’ultimo.[5]
Le sabbie mobili di un campo inesplorato
Lo sbarco in un paese terzo di richiedenti asilo intercettate/i o soccorse/i in alto mare senza che siano entrate/i in territorio europeo, per presentare le richieste d’asilo sotto la giurisdizione di uno Stato membro dell’UE, è una cosa che in Europa fino adesso non s’era mai vista. A pochi mesi dalla firma del protocollo già si accumulano articoli e pubblicazioni che si chiedono come sia da valutare tutto questo dal punto di vista giuridico:[6] la normativa italiana, infatti, verrà applicata sul territorio di uno Stato estero in conformità con la normativa europea su migrazione e asilo – la quale, però, non è applicabile al di fuori dei confini europei.
La direttiva europea sul diritto d’asilo non prevede neppure la possibilità di presentare richiesta in acque internazionali. Inoltre, il trattato di Lisbona pone limiti ai trattati tra singoli stati membri e paesi terzi che coinvolgano la normativa europea. La legge che ratifica il protocollo con l’Albania, definitivamente approvata dal parlamento italiano a febbraio 2024, stabilisce che la normativa europea vada applicata “ove compatibile”.[7] Questa questione dovrà essere affrontata da tribunali nazionali ed europei per capire cosa significhi l’insolita formula e quali norme vadano considerate applicabili e quali no. L’UNHCR ha già osservato che con un’applicazione selettiva della normativa si rischiano disparità di trattamento e discriminazioni.[8]
In Albania un gruppo di 30 deputate/i dei partiti di opposizione si è rivolto alla Corte costituzionale per appurare se questa, quantomeno parziale, cessione di sovranità ad uno stato terzo sia conforme alla costituzione albanese. Il parlamento ha subordinato la ratifica del protocollo alla sentenza della corte che, il 29 gennaio 2024 ha stabilito con una maggioranza di 5 voti contro 4 che il protocollo, non tracciando nuovi confini, non compromette l’integrità territoriale del paese. Inoltre, nei centri d’accoglienza, oltre al diritto italiano sarà applicato il diritto albanese. Pertanto, il 22 febbraio il parlamento di Tirana ha ratificato il protocollo.
Elementi poco chiari
Il protocollo è stato aspramente criticato dalle opposizioni parlamentari di Roma e Tirana, da organizzazioni internazionali come l‘UNHCR, da organizzazioni per la tutela dei diritti umani e delle/dei rifugiate/i,[9] dalle fonti accademiche e non ultimo dalla chiesa cattolica italiana.[10]
Le navi di soccorso saranno costrette a diversi giorni di viaggio per raggiungere un porto dell’Albania settentrionale, violando la norma del diritto del mare secondo la quale le vittime di naufragio vanno condotte il prima possibile in un vicino porto sicuro. Lo sbarco posticipato sarà particolarmente deleterio per le categorie vulnerabili, che dovranno raggiungere prima il porto di Shëngjin e successivamente un porto italiano.
Non è chiaro, poi, in che modo si procederà all’accertamento della vulnerabilità, operazione che dovrà necessariamente svolgersi a bordo della nave. Nel caso di donne incinte o di persone anziane e malate potrebbe trattarsi di procedure relativamente semplici, ma l’accertamento della minore età e ancor di più lo status di vittima di tratta, tortura o violenza sessuale risulterà, in alto mare, difficile se non del tutto impossibile. Nel corso del dibattito parlamentare, il governo italiano interpellato sulla questione, ha dichiarato che si procederà al trasferimento in Italia anche per le/i migranti la cui vulnerabilità dovesse essere accertata in un secondo momento all’interno dei centri d’accoglienza albanesi.
A questo proposito è da sottolineare che, se l’accordo dovesse effettivamente entrare in fase di attuazione, il traffico di navi tra Albania e Italia sarebbe in ogni caso piuttosto intenso visto che in questo caso, al contrario di quanto prevedono ad esempio l’accordo tra Gran Bretagna e Ruanda oppure il modello australiano di esternalizzazione nei micro-stati del Pacifico, nessuna/o richiedente o migrante dovrebbe soggiornare in Albania per un periodo prolungato: indipendentemente dallo status giuridico, infatti, presto o tardi tutti passeranno per l’Italia, o perché avranno ottenuto un permesso di soggiorno o perché saranno rimpatriati.
In ogni caso, i centri d’accoglienza albanesi, su richiesta degli albanesi, saranno strutture chiuse, provviste di tutte le misure coercitive e tutti i mezzi tecnici atti ad impedire la fuga. La normativa europea proibisce la detenzione generalizzata delle/dei richiedenti asilo per il solo fatto di aver presentato richiesta d’asilo e richiede che per ogni singolo caso, inclusi quelli sottoposti a procedura di frontiera, si vagli la possibilità di applicare una misura meno invasiva, alternativa alla detenzione. Ecco, però, che torna a porsi la questione dell’effettiva applicabilità della normativa europea: sarà possibile rivolgersi alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE)? Certo è che andranno osservate le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e, di conseguenza, i pronunciamenti della Corte di Strasburgo.[11]
A suscitare ulteriori preoccupazioni vi sono poi diritti e garanzie procedurali spettanti alle/ai richiedenti asilo. Nei centri d’accoglienza albanesi sarà possibile esercitare il diritto al colloquio personale con la Commissione Territoriale, all’assistenza legale gratuita, all’interprete, ad entrare in contatto con UNHCR e con le ONG? È possibile che i colloqui online con le autorità competenti di Roma offrano le stesse garanzie della presenza fisica?
Gestione dei flussi migratori o propaganda elettorale?
La gestione europea dei flussi migratori è impantanata da tempo e allora ben vengano nuove idee, nuovi piani e nuovi accordi: quello che Ursula von der Leyen chiama “fresh thinking” è sicuramente necessario. Ma i nuovi modelli devono soddisfare almeno due criteri: primo, devono essere in accordo con i principi fondamentali dei diritti umani e del diritto internazionale delle rifugiate e dei rifugiati; secondo, devono essere efficaci, ossia in grado di mantenere quel che promettono.
Alla firma del protocollo, Meloni ha annunciato che ogni anno l’Albania accoglierà 39.000 richiedenti asilo, una previsione basata su una clausola dell’accordo secondo la quale il numero totale di migranti presenti contemporaneamente in territorio albanese non potrà essere superiore a 3.000 e la permanenza della/del singola/o richiedente non supererà i 28 giorni: passate 4 settimane, quindi, tutte le/i migranti portate/i in Albania dovrebbero essere condotte/i in Italia. Il calcolo non tiene però conto del fatto che la maggior parte delle e dei richiedenti, poiché provenienti da “paesi sicuri”, riceveranno un diniego ed un conseguente ordine di espulsione che farà sì che debbano essere lungamente trattenute/i in attesa dell’espulsione stessa, rendendo di fatto impossibile il turn-over. In ogni caso il numero di migranti interessati dall’accordo sarà piuttosto esiguo rispetto al totale delle persone che presentano richiesta d’asilo in Italia, mentre i costi complessivi dell‘accoglienza in Albania saranno superiori a quelli sostenuti per finanziare le strutture d’accoglienza in Italia.
Siccome questo calcolo è evidente agli occhi di tutti, è ovvio che l’interesse politico si concentri principalmente sull’idea che tutto questo possa avere un effetto deterrente: “se oserete solcare il mare finirete in Albania! “. Un secondo obiettivo, invece, è la pura propaganda elettorale: abbiamo trovato una “soluzione semplice e innovativa al problema dei rifugiati”. Ma sarà difficile riuscire a presentare risultati concreti in tempo per le elezioni europee di giugno 2024: siamo a marzo e la costruzione di strutture portuali, strade e alloggi non è ancora cominciata.
Chi è il terzo convitato?
È degno di nota il fatto che gli Stati membri dell’Unione Europea esprimono sì soddisfazione per la riforma del sistema europeo comune d’asilo – finalmente raggiunta dopo anni di negoziazioni – ma al contempo, a livello nazionale stanno prendendo in considerazione l’esternalizzazione delle procedure d’asilo a paesi terzi. L’Italia, con il suo accordo con l’Albania, è all’avanguardia in materia. In Germania, il 6 marzo 2024 la Conferenza degli Stati Federati insieme al cancelliere Olaf Scholz ha stabilito che entro il 20 giugno sarà analizzata la fattibilità di spostare l’esame delle richieste d’asilo in paesi terzi e saranno elaborate relative proposte. Certo è che il modello albanese sarà tenuto in particolare considerazione, anche in vista di un possibile allargamento ad altri paesi classificati come “paesi di provenienza sicuri” e che desiderano aderire all’Unione europea.
È auspicabile che nel processo di sviluppo di nuove politiche dell’asilo non venga presa in considerazione soltanto l’esternalizzazione ma anche il suo contrario, ovvero l’istituzione o l’ampliamento delle opportunità di ingresso legale e sicuro nell’UE. Anche il modello delle “protected entry procedures (PEP)”[12] richiede che l’esame preliminare della presenza dei presupposti per il rilascio di un visto d’ingresso avvenga in paesi terzi; ad effettuarlo sarebbero però i consolati degli Stati membri e/o la Commissione europea, il che non richiederebbe specifici accordi con i paesi terzi in questione, dal momento che questi non sarebbero minimamente coinvolti nella procedura.
Traduzione: Susanna Karasz | Voxeurop
[1] La CGUE ha fissato la durata massima della privazione di libertà nell’ambito della procedura d’asilo di frontiera a 28 giorni: sentenza del 14 maggio 2020 nei casi C-924/19 e. C-925/19, num. 240.
[2] La legge Nr. 50/2023, la cosiddetta “Legge Cutro”, ha radicalmente modificato le regole per l’accoglienza delle/dei richiedenti asilo che non possono più essere accolte/i nel sistema decentrato di piccole strutture gestite dai comuni ma devono necessariamente essere accolte/i nei grandi “centri di accoglienza straordinaria” gestiti dallo stato centrale e cronicamente sottofinanziati, nei quali non vengono offerti percorsi d’integrazione.
[3] Cfr. Stiftung für Wissenschaft und Politik, „Die Externalisierung des europäischen Flüchtlingsschutzes“, SWP-Aktuell, 12 marzo 2024, https://www.swp-berlin.org/publications/products/aktuell/2024A12_ExternalisierungFluechtingsschutz.pdf
[4] Apnews, 14 dicembre 2023
[5] EuroNews, 15 novembre 2023
[6] Cfr. p.es. G. Schiavone, “Un “diritto speciale” per internare i migranti in Albania”, in: Altreconomia, 1 febbraio 2024; E.Testi (ECRE), Profili di illegittimità del Protocollo Italia-Albania
[7] Legge di ratifica del protocollo, 15 febbraio 2024, articolo 4
[8] UNHCR, Commenti e Raccomandazioni sul disegno di legge di “Ratifica ed Esecuzione del Protocollo…”, 9. Gennaio 2014,https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg19/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/429/105/UNHCR_Commenti_e_raccomandazioni.pdf
[9] Tavolo Asilo, un consorzio delle più importanti ONG attive nel settore della migrazione, “Il Protocollo Italia-Albania è illegittimo e va revocato”, https://www.migrantes.it/tavolo-asilo-il-protocollo-italia-albania-e-il…;
[10] Arcivescovo Mons. G.P. Perego, Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni, 16 febbraio 2024, https://www.migrantes.it/accordo-albania-italia-un-segno-di-incapacita-…
[11] All‘articolo 5, lettera f, la CEDU pone rigide condizioni per la detenzione di stranieri, in particolare se volta ad “impedire l’ingresso illegale”.
[12] S. C.Hein e M.de Donato, Exploring Avenues for Protected Entry in Europe, 2012, https://www.sssup.it/UploadDocs/14012_ET_Final_Report.pdf