Glifosato, una controversia artificiosa

Atlante dei pesticidi

Bayer e altre società insistono per il rinnovo dell'autorizzazione all'uso del glifosato in UE. A tale scopo, devono dimostrare che il principio attivo non è cancerogeno. Ma gli studi presentati sono obsoleti, o indicano il contrario.

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Nel dicembre 2019, la società farmaceutica e biotecnologica tedesca Bayer ha avanzato richiesta per il rinnovo dell'autorizzazione all'uso del glifosato nell'Unione Europea insieme ad altre società riunite sotto il Glyphosate Renewal Group (GRG). Il glifosato è una sostanza chimica con effetti diserbanti. È l'erbicida più comune usato nel mondo. Il processo di autorizzazione è accompagnato da una controversia irrisolta fra le autorità UE e l'Agenzia Internazionale dell'OMS per la Ricerca sul Cancro (IARC), incentrata sulla sua tossicità.

Nel 2015, l'IARC aveva classificato la sostanza come “probabilmente cancerogena per l'uomo”. L'Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (BfR) e l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), all'epoca, entrambi soggetti incaricati della procedura di autorizzazione in UE, sono giunte a una conclusione differente. In seguito a questo acceso dibattito, inizialmente l'UE ha concesso all'erbicida il rinnovo della licenza per 5 anni, dieci anni in meno di quelli previsti di solito in caso di rinnovo dell’autorizzazione di prodotti fitosanitari. L'UE aveva, così, autorizzato l'uso del glifosato come principio attivo nei prodotti pesticidi fino alla fine del 2022.

La richiesta di rinnovo da parte di Bayer è supportata da centinaia di studi effettuati dai produttori e provenienti dalla letteratura scientifica, però non include nessuno studio nuovo che confuti la classificazione del glifosato da parte dell'IARC come “probabilmente cancerogeno”. Al contrario, il Glyphosate Renewal Group si affida a 12 studi sul cancro eseguiti su topi e ratti commissionati dai produttori, che l'agrochimica Monsanto, acquisita da Bayer nel 2018, aveva già presentato alla precedente occasione di rinnovo.

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Negli ultimi dieci anni, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente (EPA) degli Stati Uniti ha aumentato drasticamente il limite consentito per glifosato. Le organizzazioni della società civile affermano che l'EPA non fornisce elementi chiave, tra cui una valutazione del rischio ecologico.

L'IARC ha valutato il peso delle evidenze ed esaminato quattro di questi 12 studi sul cancro all'epoca portati dalle autorità come prove della sicurezza del glifosato. In questi studi con cui i produttori vorrebbero dimostrare l'innocuità del glifosato, i ricercatori sul cancro dell'OMS hanno riscontrato “evidenze sufficienti di cancerogenicità negli studi su animali”. Come è poi emerso, il BfR aveva ignorato aumenti statisticamente significativi dei tumori in tutti gli studi sul cancro commissionati dai produttori. Secondo le regole in vigore, due studi indipendenti che mostrano una significativa correlazione positiva sono sufficienti per classificare una sostanza come cancerogena. Il BfR ha giustificato questa omissione in un addendum alla relazione di valutazione, dove affermava di essersi basato sulle valutazioni statistiche contenute nelle relazioni di sintesi degli studi prodotte dai produttori stessi. Ciò significa che le autorità tedesche non hanno valutato i risultati in prima persona, sebbene il loro mandato giuridico si fondi sull'indipendenza scientifica.

Malgrado la segnalazione di questo fatto, le autorità non si sono discostate dalla conclusione originale, pur modificando le motivazioni per cui il glifosato viene ritenuto non cancerogeno: le numerose correlazioni positive con i tumori riscontrate non erano dovute all’effetto del principio attivo in sé ma a degli errori metodologici negli studi (dosaggi elevati, animali da laboratorio malati o mere coincidenze). Resta da capire come le autorità abbiano potuto fare una valutazione obiettiva del rischio di cancro sulla base di studi condotti in modo errato, e perché i produttori non abbiano presentato studi sul cancro più recenti e meno lacunosi per l'attuale procedura di rinnovo.

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L'Istituto federale tedesco per la Valutazione dei Rischi ha copiato interi paragrafi e pagine di testo dai dossier delle industrie richiedenti. Un rapporto sul plagio ha concluso che l'istituto ha copiato persino le valutazioni di studi finanziati dalla Monsanto.

A essere oggetto di critica, però, non sono solo gli studi sul cancro dei produttori. Le autorità e l'IARC sono giunte a conclusioni diverse anche sulla genotossicità del glifosato. Sulla base di 53 studi commissionati dai produttori, nel 2015 le autorità UE hanno negato che l'erbicida potesse provocare danni al DNA o ai cromosomi. Tuttavia, studi indipendenti simili presenti nella letteratura scientifica (la maggior parte dei quali, secondo l'IARC, supportano la conclusione di “forti evidenze di genotossicità”) sono stati classificati dalle autorità UE come “non affidabili” e sono, dunque, stati esclusi dalla valutazione.

Nel settembre 2017, è emerso che la dichiarazione del BfR in cui l'ente aveva giustificato l'esclusione di questi studi era una copia della richiesta di approvazione della Monsanto. Inoltre, gli esperti denunciano il fatto che le autorità nazionali come il BfR si siano concentrate solo su alcuni aspetti, come l'esposizione attraverso gli alimenti e i rischi per la popolazione generale, tralasciando i rischi di esposizione professionale.

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Secondo Transparency International, il rapporto tra membri del Parlamento europeo e i lobbisti è di uno a cinquanta. Molti di loro lavorano per le compagnie agrochimiche.

Una decisione della Corte di Giustizia Europea del 2019 impone alle autorità UE di divulgare tutti gli studi commissionati da produttori classificati su richiesta come “riservati”. Due rinomati ricercatori dell'Istituto per la Ricerca sul Cancro dell'Università di Medicina di Vienna (Austria) hanno esaminato i 53 studi commissionati dai citati produttori e valutato la loro qualità scientifica: 34 studi si discostavano in modo sostanziale dalle linee guida dell'OCSE per lo svolgimento dei test e, quindi, classificati come “non affidabili”. Dei rimanenti, 17 studi sono stati classificati come “parzialmente affidabili” e solo due come “affidabili”.

Nonostante questo, i richiedenti hanno presentato nuovamente questi studi per la procedura di rinnovo attualmente in corso, per dimostrare che non ci sono prove della genotossicità del glifosato. A dispetto di tutto ciò, nella sua prima bozza di relazione del giugno 2021, il Gruppo di Valutazione sul Glifosato proponeva di nuovo di classificare il glifosato in UE come non cancerogeno e non tossico. Il gruppo, composto da Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia, è nominato dalla Commissione Europea e incaricato di garantire che la domanda di rinnovo soddisfi i requisiti formali delle disposizioni di legge dell'UE. La licenza per l'uso del glifosato in UE sarebbe scaduta a fine 2022, ma poiché le valutazioni dell’EFSA giungeranno solo a metà del 2023, la Commissione europea, nonostante non sia stato raggiunto il quorum a favore del rinnovo tra gli Stati Membri, ha deciso in autonomia di rinnovare l’autorizzazione al glifosato fino a fine 2023.

Fonti:

p.50: As You Sow, Roundup revealed Glyphosate in our Food System, 2017, https://bit.ly/3u6UCjt. Global Industry Analysts, Inc, https://bwnews.pr/3oCP1iI – p.51 in alto: Stefan Weber, Helmut Burtscher-Schaden, Detailed Expert Report on Plagiarism and superordinated Copy Paste in the Renewal Assessment Report (RAR) on Glyphosate, 2019, https://bit.ly/331J8TR. Armen Nersesyan, Siegfried Knasmueller, Evaluation of the scientific quality of studies concerning genotoxic properties of glyphosate, 2021, https://bit.ly/3IlqK8A. – p.51 in basso: Corporate Europe Conservatory, https://bit.ly/3onRTzA. LobbyFacts, https://bit.ly/33drZGG.